mercoledì 13 gennaio 2016

Gujarat 6: Il tempio di Somnath


Il tempio di Somnath


L'onda lunga del mare arabico si frange sulla riva senza la cattiveria di altre scogliere più lontane. Pare quasi che il caldo soffocante e l'atmosfera appisolata del mezzogiorno calmi le pretese dell'oceano di prendersi qualche tratto di spiaggia e portarla con sé nelle profondità sconfinate. Dietro la sabbia sporca del litorale infinito, la sagoma immensa del tempio di Somnath è illuminata dal sole che fa risplendere l'ocra gialla dell'alta shikhara che sovrasta la parte più segreta del tempio. Davanti, il tetto più basso che ricopre il grande vestibolo pare una piramide sovrastata da una infinita serie di bitorzoli regolari che lo fanno apparire come la testa di una statua esagerata con tanti ricci stilizzati. Un pronao più piccolo ne segnala la gradinata di ingresso nel più classico stile Chalukya. Capisci immediatamente la sacralità del sito dalla immensa processione di fedeli che si mettono in coda per poter entrare ad ammirare la sua sala centrale con le colonne scolpite e la statua di Shiva tutta ricoperta di oro e il sacro lingam nero del Dio dove portare le offerte. 

Questo è uno dei dodici luoghi dove il Dio si è manifestato sotto l'apparenza di una colonna di luce, ma allo stesso tempo questo è il luogo dove Khrishna, uno degli avatar di Vishnu, ha lasciato questo mondo per ascendere al paradiso il 18 febbraio del 3103 a.C.; è registrata anche l'ora, il minuto ed il secondo esatto in cui l'anima ha lasciato il suo corpo dopo che una freccia scoccata da un cacciatore lo colpì nel tallone, guarda casa l'unico punto dove non era invulnerabile. Da quel momento cominciò il terribile Kali Yuga, l'oscura epoca attuale insomma, l'era dell'ignoranza, dell'odio tra gli uomini e della guerra infinita, terminata la quale ricomincerà una nuova età dell'oro. Tranquilli comunque perché questo avverrà nel 428.899 d.C. alla mezzanotte del 17 febbraio, quindi c'è tempo per prepararsi. Intanto sia come sia, qui la gente arriva a frotte e nell'enorme giardino antistante al tempio la coda per entrare è lunghissima. Per fortuna essendo gli unici occidentali in giro, dopo aver passato un'oretta a fare foto con tutti i turisti davanti all'ingresso, veniamo prelevati da un militare che ci fa saltare tutta la coda ed entrare dal fianco del tempio, non prima di avere scaricato ogni borsa, macchina fotografica, telefonino e altre cose sospette, anzi dopo essere passati da un metal detector non funzionante, per cui si viene palpati successivamente, le donne dietro ad una tenda. 

Bisogna mollare anche la cinghia dei pantaloni, ufficialmente perché è di cuoio, palese offesa al precetto di non uccidere animali, cosa che renderebbe impuro il tempio tutto, una grana tremenda che richiederebbe poi lunghissimi rituali di purificazione per cui non fate i furbi. Ma si dice però, che ufficiosamente sia per evitare che a qualcuno venga l'idea di grattare l'oro dalle colonne con la punta della fibbia. Tra il mucchio di cinture ammassate all'ingresso infatti, la maggioranza è di plasticaccia rispettosissima del veganesimo imperante nel Gujarat, ma forse si tratta soltanto di malelingue che pensan sempre male. Il problema principale però è che poi bisogna tenersi i pantaloni perché non caschino, sarebbe, diciamolo pure una figura da cioccolataio rimanere in mutande davanti al divino lingam, anche senza interpretazioni malevole, le offerte consentite sono solo fiori, latte e lampade ad olio illuminate, oltre ad eventuali in denaro che vengono raccolte dai sacerdoti che provvedono anche alle benedizioni. E poi la dieta indiana, in gran parte vegetariana e piuttosto "leggera", data la percentuale di peperoncino presente in ogni piatto, ha già lavorato con decisione sul giro vita e i buchi nella cinta sono finiti da un pezzo, figuriamoci senza. 

Il milite è molto gentile e mi accompagna in ogni spazio del tempio ed all'uscita rifiuta con un moto di ribrezzo la mancia che gli stavo allungando, malaccortamente di fronte ai suoi commilitoni graduati di stanza all'ufficietto dietro il portale, quindi mi accompagna però fino all'uscita del giardino, nel timore che possa perdermi nella folla e quando mi saluta con calore nel momento in cui ci lasciamo per sempre, le rupie che avevo nella mano rimangono appiccicate alla sua quasi inavvertitamente. Sorride e se ne va rapido, per oggi di turisti non se ne vedono più all'orizzonte. Non rimane che fare un po' di foto al di là del muro che circonda il tempio, passano vacche e capre magre, poi ancora l'assedio di tutti quelli che approfittano dell'occasione per un selfie con te ed il tempio sullo sfondo. Il professionista che fa le foto sul posto è disperato, gli sto portando via tutti i clienti, aspetta solo che ce ne andiamo, forse gli è passata per la testa l'idea di affittarmi, magari in società, faremmo i soldi a palate. Un'ultima occhiata al mare che sciaborda sulla riva e poi la strada infinita delle bancarelle che vivono attorno al luogo santo, assalite dalla massa dei fedeli, che comprano fiori, offerte, lampade e generi di conforto da mangiare seduti poi, in riva la mare dove Khrisna ha compiuto l'ultimo balzo lasciando sulla terra le sue 16.007 vedove inconsolabili.


SURVIVAL KIT

Le rovine alla fine dell'800 - dal web
Somnath - Il tempio si trova sulla riva del mare a 6 km da Veraval sulla costa occidentale del Gujarat. Luogo sacro molto famoso è sempre affollatissimo di fedeli. Non si può portare dietro assolutamente nulla, quindi vi conviene lasciare ogni cosa in macchina o entrare in due gruppi. Se siete stranieri potrete saltare la coda, accompagnati da un militare. Alle 20:00 spettacolo Suono e luci nel giardino antistante. Tramonto da cartolina con il sole che cala nell'oceano dietro la sagoma scura del tempio. Il tempio è stato distrutto e ricostruito innumerevoli volte, in riferimento anche alla sua storia sacra. Completamente d'oro all'inizio, poi d'argento, ancora di bronzo nei tempi delle età leggendarie e quindi oltre 1000 anni fa di pietra, ma sempre pieno di ricchezze che suscitarono la cupidigia dei barbari. Distrutto almeno sette volte in tempi storici dai predatori mussulmani, lo fu per l'ultima volta nel 1665 dal feroce imperatore Mogul Aurangzeb, quello che rinchiuse il padre a morire nel forte rosso di fronte al Taj Mahal, tanto per capirci. E' stato ricostruito nel 1950, quando la provincia fu definitivamente assegnata all'India hinduista. Comunque un'esperienza, più che per la bellezza del tempio, pur maestoso, per l'osservazione della religiosità della folla dei fedeli.


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