sabato 25 luglio 2015

Bhutan - Lo dzong di Punakha


Lo dzong di Punakha


La confluenza dei fiumi
Anche la cittadina di Punakha occupa un fondovalle. Dal piccolo parco sul fiume hai davanti una cartolina perfetta. Nel cuneo di terra ghiaiosa alla confluenza del suo immissario, il punto di unione del fiume maschio col fiume femmina, giacché dovunque in questo paese si ricercano questi simbolismi, la sagoma bianca e rossa inconfondibile dello Dzong, forse il più bello in assoluto del Bhutan, domina il paesaggio. Certo è curioso questo giudizio che spari affrettatamente appena ne misuri le dimensioni colossali, le mura possenti che circondano i tre cortili, non appena superi il gigantesco portale col suo arcobaleno di dipinti, di fiori e di animali, cercando di non sostare proprio sotto i giganteschi  favi di api selvatiche che pendono minacciosi dalle alte architravi. In realtà ad ogni nuova fortezza o tempio o monastero a cui arrivi, che scopri alla periferia dei piccoli paesi o appollaiati sulle creste delle colline, hai la medesima sensazione. Sarà la multiforme varietà degli affreschi o dei dipinti che ne ornano l'interno o l'affastellarsi delle statue che in una sorta di orror vacui riempiono assieme agli oggetti sacri e alle manifestazioni di fede, ogni più piccolo spazio. Sarà il nitore abbacinante del bianco delle mura, forse continuamente ripassato, anche per i continui rifacimenti che tra terremoti ed incendi, costringono a restauri infiniti. 

Il primo cortile
Il fatto è che ognuno di questi luoghi sacri ti appare magnifico, maestoso, perfetto nella sua manifestazione di arte religiosa. I monaci stessi, avvolti nei loro mantelli rosso mattone, sembrano essere parte perfettamente calcolata dell'ambiente, arredi indispensabili a caratterizzare cortili e sale di preghiera, incorniciati da porte rette da stipiti di legno antico. Nella prima grande corte circondata dalle balconate dove insegui con lo sguardo la fuga delle celle, un enorme bañan, l'albero sacro a Buddha, allunga i suoi rami quasi a voler abbracciare tutto lo spazio, i fedeli che entrano, i curiosi che si fermano a guardare col naso in su i disegni delle travi e le volute delle capriate che spuntano dai sottotetti barocchi. L'ultimo cortile ti porta davanti al tempio, grandissimo ed oscuro, che nasconde le tre statue maestose di Buddha, di Padmasambava dagli occhi tondi e penetranti e del fondatore della setta dei Berretti Rossi. Sulla facciata durante l'ultimo giorno del festival annuale, viene svolta una enorme tankha che rappresenta un' immagine dell'Avalokitesvara, che si dice si sia formata spontaneamente sul drappo. Le tankhe scoperte che sono appese ai pilastri rosso fuoco, incorniciate in drappi damascati dai differenti colori, sono di una bellezza straordinaria. 

Il secondo cortile
Qui vedi la mano di grandi artisti che riescono ad annullarsi nella loro opera, che rimane sempre senza firma, di un autore sconosciuto che si annulla nel valore intrinseco di quello che la sua stessa opera rappresenta. Quando questi quadri, questi affreschi, saranno deteriorati, dal fumo delle lampade che li ricoprono di una patina scura che dona loro una magia profonda o dall'umidità che ne farà fiorire i minerali dalle pareti rigonfiate, tutto verrà distrutto e rifatto a nuovo, senza nessun rimpianto, anche se a noi pare un orrore non conservare queste opere vecchie di secoli a cui daremmo valori inestimabili. No, per la gente che abita tra queste mura, il valore non sta nell'opera in sé ma soltanto in quello che rappresenta e che contribuisce ad aumentare il merito che si ricava dalla dedizione e dalla fede. In tutto l'edifico respiri sacralità e, istintivamente, anche se non richiesto, ti viene da parlare sottovoce, di nasconderti in fondo senza farti notare per non turbare chi fa le offerte, chi prega o il salmodiare profondo di qualche monaco anziano seminascosto da un altarino che agita tra le mani la campanella o qualche altro oggetto rituale. 

Monaci
Ad un tratto ecco che arriva una processione. Davanti molti monaci che fanno strada, poi alcuni dignitari che dal passo cadenzato mostrano importanza e seriosità, poi due figure minute ed un poco ingobbite circondate da altri figuranti tutti agghindati nei costumi tradizionali. E' la nonna dell'attuale Re che cammina al fianco della sorella ormai novantenne, che vengono a fare le loro devozioni, dal vicino palazzo, sede invernale dei membri della famiglia reale. Si guarda attorno con attenzione e osserva con piacere il reverente rispetto che al suo passaggio, tutti i visitatori le mostrano come testimonianza inequivocabile di stima e di affetto. Attraversa il cortile con passo lento e ça va sens dire, regale, d'altra parte è stata regina, moglie del terzo Re del paese, quello che ha cominciato la modernizzazione del regno. Poi scompare davanti alla sorella in una porta secondaria del tempio. Il codazzo di cortigiani, guidato dal Governatore della provincia e dal Segretario generale, la segue come dovuto, fino a che un paio di compiti militari non chiudono definitivamente il portale. 

Militare di guardia al palazzo


Come dalle profondità della terra s'odono allora le cupe note dei lunghi corni di ottone, che partono con una sorta di spernacchiamento stentato e poi si allungano in una nota sola, profonda e sostenuta, così bassa da non parere prodotta da strumento fatto dall'uomo. Due monaci dalle gote gonfie, con grande sforzo la modulano ed il suono si alza come dal fondo di un mondo senza tempo e prende corpo rimbombando tra le pareti a strapiombo, perdendosi poi come un'eco ultraterrena, lungo il fiume e nella valle. 



I favi di api all'ingresso
E' una nota così bassa da dare come un tremito interno che smuove le viscere, quasi come la vibrazione procurata dalla pronuncia della sillaba OM prolungata a bocca chiusa fino a che il respiro lo consente. In fondo, tra i campi e le risaie, i contadini forse smettono per un istante il lavoro, rialzano la schiena appoggiando la zappetta dal manico corto tra le zolle dure e rifiatano un attimo pensando alla durezza di questa vita ed alla liberazione dalla sofferenza che alla fine attende il giusto. Tra la riva del fiume e le mura, una lunga fila di jacarande hanno i boccioli gonfi, in procinto di lasciare esplodere tra pochi giorni il loro azzurro violaceo senza uguali.

Padmasambava (Guru Rimpoche)


SURVIVAL KIT 

Il ponte
Punakha Dzong - Situato in posizione strategica alla confluenza del Pho Chhu (padre) e Mo Chhu (madre) ci si arriva attraverso un bellissimo ponte coperto, carico di bandiere di preghiera. E' il castello di questa città, capitale invernale del regno e principale sede della setta dei Cappelli Rossi, costruito nel 1637. E' anche sede dell'amministrazione della regione e vi si svolge un importante festival  che si svolge in febbraio. Qui si sono celebrate nel 2011 le nozze dell'attuale Sovrano. Anche l'antico ponte che attraversa il Mo Chhu è del XVII secolo.



Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:


Uomo al mercato

3 commenti:

Unknown ha detto...

Son sempre variopinte, forzute, minacciose, conturbanti, le prigioni che i sapiens — a invento un dio il nemico da sangue ad altri dèi mai che alla pari, sennò che dio sarebbe — si costruiscono attorno e via la chiave che tu così paziente in meraviglie le trasmesse ti rincorri

Un saluto

Pierangelo ha detto...

Leggerti è sempre un piacere, complimenti per come scrivi e descrivi.

Enrico Bo ha detto...

@Paolo - Mura muraglie difese o prigioni chissà, potere mai più forte chiude maldestro su se stesso, tomba di sicurezza dove soffocarsi.

@Pier - Grazie caro, i monti dan fiato alle mie trombe.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!