giovedì 21 febbraio 2013

I leoni del Serengeti.




E' quasi l'alba sulla savana. Dalla grande terrazza del lodge perdi lo sguardo lontano. Sotto, ancora indistinguibile nel folto del bush, senti fruscii, grugniti sordi, sguazzar di corpi a mollo nella pozza. Non è ancor chiaro il cielo, quando la Toyota si infila in una delle tante stradine che tagliano tra i torrentelli che hanno scavato nella terra rossa ferite contorte. Il vento muove l'erba e i primi raggi del sole che bucano le nubi accende gli steli. Le impala o le gazzelle di Grant sono le prime che scorgi tra i cespugli come sorprese, illuminate da una luce radente perfetta che colora tutto di una dominante rosa-arancio. Alla prima osservazione appare poca vita tra gli alberi, ma basta fermarsi un poco e osservare con calma; ecco sotto i rami due timidissimi dikdik, le più piccole tra le gazzelle, perfettamente immobili nel tentativo di non lasciarsi scorgere, poi muovono appena i lunghi colli ad osservarsi le spalle, i due piccoli deliziosi cornini rivolti in alto. Il pelo scuro li nasconde bene tra i rami bassi. Un po' più avanti, subito dopo un guado, il torrente si allarga e diventa più profondo. Subito scorgi una trentina di groppe immobili, tra il grigio e il viola, quasi il colore dell'acqua stagnante della pozza. Su di esse uccellini dalle lunghe gambe saltellano in cerca di cibo. 

Ogni tanto froge frementi e occhi cisposi emergono quel tanto che basta ad inspirare ed a guardarsi attorno; qualche brontolio sordo e poi tutto scende sotto la superficie. Solo di tanto in tanto qualche corpaccio, a disagio per l'affollamento, si agita di più, cerca spazio tra i compari, si sposta, facendo smuovere tutto il mucchio in cerca di un nuovo posizionamento, allora si alzano grossi musi che allargano bocche enormi dai canini mostruosi. Minacce, affermazione di predominio sul territorio liquido, ancora qualche scuotimento nevrotico per fare spazio ai piccoli, poi tutto riaffonda. Vita dura quella dell'ippopotamo, una dozzina di ore di giorno a dormire a mollo nell'acqua, poi a sera una faticosa emersione per raggiungere una zona dove la vegetazione è più ricca e rigogliosa ed altrettante ore per ingurgitarne decine e decine di chilogrammi, prima di rifare all'indietro la strada che riporta al letto liquido dove riposare tutto il giorno al riparo dai raggi del sole. Certo bisogna spartire la pozza con i coccodrilli, ma quelli stanno alla larga, date le dimensioni, basta proteggere i piccoli. Non senti movimento intorno. 

Stranamente non vedi in giro erbivori. Un gruppo di gazzelle pascolano lontanissime. Tra l'erba alta ecco apparire un piccolo sciacallo dalla gualdrappa che sembra dirigersi verso un punto preciso. Poi d'improvviso dal folto compaiono d'improvviso corpi fulvi e potenti anche se quasi immobili. Una dozzina di leoni stanno attorno alla carcassa di un bufalo, forse atterrato ieri, di cui ormai puoi vedere le costole spolpate tese verso il cielo. Due leonesse staccano ancora brandelli di carne forbendosi i baffi con le lunghe lingue rosa. Tre maschi giganteschi a fianco si guardano attorno annoiati, hanno già mangiato evidentemente e vedi solo piccoli movimenti del pelo nero delle criniere. Quattro piccoli giocano tra di loro fingendo di lottare, poi ogni tanto si avvicinano a quanto resta dell'animale abbattuto per  rosicchiare qualche osso ormai sparso a terra. Una femmina, la più grande, si alza e si gira attorno controllando il territorio. Questo solo movimento tiene a bada e non lascia avvicinare una famiglia di sciacalli, che continua ad aggirarsi indaffarati in attesa che lo spazio venga lasciato libero a loro. Più lontane anche le iene aspettano il loro turno con pazienza. 

Ultimi, appollaiati sui rami secchi di un albero morto, una dozzina di avvoltoi ruotano il collo rognoso senza attirare l'attenzione di nessuno. Tutto si svolge secondo uno schema fisso e funzionale. Adesso, fino a quando ne avranno abbastanza, tocca ai leoni. Che senso di potenza, di forza assoluta! Muscoli tesi, respiro potente, grosse zampone che solo appoggiate alla preda, ti fanno capire chi è il padrone assoluto di questa terra. Te ne vai dispiaciuto di lasciare indietro questo spettacolo di forza bruta, ma basta poca strada e ancora ti devi fermare attonito. Sopra un grande albero, rami robusti  fanno da giaciglio per tre grandi leonesse. Stanno lì a riposare con le zampe che pendono ai lati della corteccia, una incastrata all'incrocio del tronco. Rimangono ad osservarti senza espressione come se fossi tu lo spettacolo da guardare, solo le code sventolano lentissime, diversamente penseresti a sagome di cartone messe lì per la scena. Ma Serengeti è questo, basta seguire le cento stradine contorte che girano tra i piccoli dossi ed ecco un leopardo in caccia, che si muove con cautela nell'erba alta; segui allora le macchie della pelliccia e la lunga coda; alza il muso per annusare l'aria di tanto in tanto, si gira a guardarti, poi scivola nel folto e scompare alla vista. Poco più in là un piccolo, forse proprio il suo cucciolo, lasciato su una forcella di rami alti di una acacia, che si lamenta miagolando, forse aspetta il cibo che tarda ad arrivare. 

Quando il sole è ormai alto gli animali cercano sollievo all'ombra, acquattati tra i cespugli o sotto gli alberi più grandi. Nella vegetazione fitta, ecco un altro gruppo di leoni che dormono saporitamente, il pasto è finito da tempo; stanno addossati uno all'altro, pancia all'aria e coperti di mosche, li daresti per morti, non fosse per il convulso respirare che ne agita le costole. Solo due cuccioli si agitano poco più avanti sotto l'occhio di una grande femmina. Ti sei fermato soltanto per un'oretta su una collina bassa a sbocconcellare il pollo secco e l'uovo sodo del lunch box, il dolcino e i biscotti te li ha arraffati una scimmia dispettosa che stava in agguato su un ramo in attesa del primo turista distratto. Un lampo, un tonfo caduto dall'alto, piccole mani rapidissime che pescano nella scatola a colpo sicuro e la piccola ladruncola se ne va squittendo con il bottino stretto a litigarselo con le compagne che glielo rubano a loro volta. Nella savana devi imparare a mangiare in fretta. Non c'è tempo per degustare, devi mandare giù il boccone intero, pena la sua perdita. Era l'alba un attimo fa e sei già di ritorno perché il sole tra poco già tramonta. Lasci indietro giraffe e elefanti lontani, otarde, stormi di cicogne e marabù e, ultimo regalo una lunga coda maculata che pende da un grosso ramo fronzuto. Un enorme leopardo che riposa girando appena la testa al tuo passaggio. Sta per scendere un'altra notte sulla pianura verde scuro.


Se ti è piaciuto questo post, ti potrebbero anche interessare:

3 commenti:

Angelo azzurro ha detto...

Immagino le grandi emozioni che si provano ad assistere questo spettacolo della Natura

Anonimo ha detto...

Il racconto diventa sempre più entusiasmante e le immagini degli animali lo accompagnano magistralmente.

Peccato che gli spot elettorali ti facciano ricadere nella realtà. Era troppo bello sognare ad occhi aperti.

Paola

Enrico Bo ha detto...

Ragazze grazie, così però ve la tirate e vado avanti...

@Paola - resisti ancora 2 giorni, poi il diluvio...

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!