venerdì 19 aprile 2024

India 11 - Nandgaon e la festa di Khrishna

Holi a Nandgaon - India - marzo 2024
 

Facciamo con calma la quarantina di chilometri che ci separano dal villaggio dove la leggenda vuole si sia svolta la storia del Dio Khrishna, Nandgaon, dove sorge il più famoso dei templi a lui dedicato, il Dio birichino dal volto blu, sempre raffigurato mentre suona il flauto nell'intento di ammaliare le pastorelle Gopi sulla riva del fiume. E' un piccolo villaggio, poco meno di 10.000 abitanti, un grumo di case abbarbicate attorno al tempio che sorge proprio al centro su una altura appena accennata, nel quale in questo secondo giorno di holi, arriva un paio di milioni di persone, queste sono le proporzioni, i numeri che aiutano a capire. Ci mettiamo quasi due ore quindi a percorrere la strada, in una lunga fila di mezzi di ogni tipo che tentano di arrivare in paese. Poi parcheggiamo in mezzo ai campi e proseguiamo a piedi fino alle prime case. Da qui le strette stradine tortuose, penetrano l'abitato e salgono verso il tempio. La folla è strabocchevole e spinge per salire da ogni parte. Da un certo punto in poi, tutto viene considerata area propria del tempio e bisogna togliersi le scarpe, che lasciamo in custodia nell'ingresso di una casa privata dove una gentile famigliola sta riparata dalla furia che una volta all'anno si abbatte sul posto. Così procediamo a piedi nudi, in una sorta di fanghiglia colorata, lungo i gradini della leggera salita, mescolandoci alle grida della folla turbinosa, che da vicino appare come in preda ad una follia collettiva di festa, di eccessi, di gioia. 

Bimbi in agguato

Il terreno è abbastanza scivoloso e unito ai gradini irregolari, impone una certa circospezione nell'avanzare, ma la spinta della gente che arriva da dietro, determina una pressione che a poco a poco ti porta verso la meta. Il fatto è che da tradizione, in questo  paese, il lancio delle polveri è parimenti mescolato all'uso dell'acqua, nella quale i colori stessi vengono sciolti, per massimizzare il risultato. Ecco dunque che, nei vicoli stretti, ogni casa, ogni terrazzo diventa una postazione di bombardieri assatanati, attrezzati di tutto punto di apposite siringhe, di spruzzatori casalinghi, addirittura di pompe per irrorare i campi e in mancanza di altro di capaci secchielli, continuamente riempiti per essere scuotati sui malcapitati che passano sotto e allegramente si prendono queste docce improvvise con filosofia e canti di gioia, lanciandosi a loro volta polveri a gogo, per completare l'operazione di impanatura totale. Cerchiamo di procedere guardandoci le spalle e sopra, tentando di percorrere velocemente i tratti dove appaiono seminascosti, i gruppetti di frombolieri in attesa delle loro vittime, ma è fatica improba, alla fine la doccia arriva, si tratta solo di capire se questa volta sarà magenta o arancio. I ragazzini sono i più mefitici perché agiscono in piccole bande, rincorrono soprattutto i gruppi di ragazze spruzzandole di sorpresa a più non posso, fino a che le armi in dotazione si sono scaricate, quindi si ritirano per rimetterle in condizioni di riempimento, preparandosi all'attacco successivo. 

Nel cortile

Comunque bene o male, anche se completamente innaffiati, riusciamo a raggiungere il piccolo tempio sulla sommità del colle al centro del paese e penetriamo nel cortile, già strapieno, dove al suono di tamburi e cembali, tutti i presenti ballano in tondo come tarantolati dalla furia della divinità che li avrà di certo penetrati in qualche modo, un po' come se tutte queste nuvole di colore che rendono l'aria quasi irrespirabile, contenessero sostanze psicotrope o comunque allucinogene. Intorno ci sono anche moltissime hijra, i transessuali che in India costituiscono una specifica casta, in cui convergono quando vengono rifiutati dalle famiglie e trascorrono la vita girando per feste e manifestazioni, accolti e temuti, come portatori di sfortuna se venissero respinti e lanciando maledizioni se non venisse loro dato il giusto rispetto e ovviamene l'adeguata mercede per gli spettacoli che forniscono, scatenandosi in balli vorticosi, agghindati dei loro ornatissimi abiti femminili. Qui ce ne sono un sacco e attorno a loro si scatena l'attenzione dei giovani, mentre la musica sale di tono e loro piroettano facendo tintinnare le cavigliere con gli occhi persi nel vuoto ed il sorriso sui visi pesantemente truccati. Sono i punti del cortile più affollati, dove si raggruppano i più scatenati tra i devoti, gridando, cantando, ballando e di nuovo qui si spinge molto e il pavimento è molto bagnato e coperto di fanghiglia.

Hijra che ballano

Avverto di nuovo sensazione di pericolo, la pressione e le spinte diventano sempre più forti e ci spostiamo verso i portici che circondano il cortile, anche per cercare riparo da quelli che sono appostati sulle passerelle in alto che contornano il cortile stesso, che invece hanno il solo mandato di bombardare i sottostanti, tra il giubilo della folla. Cerchiamo di andare anche noi sopra, posizione di certo migliore per osservare quanto accade, ma pare non sia possibile, la salita è riservata ai fedeli al dio e non non riusciamo ad essere scambiati per tali: Ci posizioniamo allora sotto i porticati, difesi almeno dalle colonne antiche e dagli archi di arenaria modellata, protetti quantomeno dai lanci dalle irrorazioni che provengono dall'alto e da qui lo spettacolo è davvero affascinante. Sei dentro ad una manifestazione reale di follia popolare, coinvolto appieno, circondato da un senso di gioia comune, di gente che ride, che balla, che canta, che si scambia saluti ed auguri. Tutti quelli che ci approcciano e vi assicuro, saranno centinaia in questi giorni, vogliono sapere da dove vieni, chi sei, se ti piace essere lì e cosa pensi di tutto quello che vedi e avanti coi selfie, le foto, le manifestazioni di simpatia, addirittura la carezze con le mani piene di colore, che fa tanto affetto e gioia condivisa. 

Hijra

Un hijra, che appare davvero come una bellissima ragazza, balla davanti a me, esibendosi con grazia e malizia, lanciando sguardi ammaliatori, il taglio degli occhi bistrati e socchiusi che brillano sul viso appena piegato di lato, mentre i grandi orecchini dorati tintinnano ed il pendaglio sul naso sfiora labbra carnose. Il sari rosso fuoco vola leggero nell'aria mentre il tamburello agita i sonagli, poi se ne va tra la folla seguita da un gruppetto di giovani adoranti, cercando di destare interesse altrove. Nel cielo volteggiano una decina di droni che riprendono tutto, non è più l'holi di una volta, la tecnologia avanza anche qui ed i media vogliono la loro parte. Quando le spinte del mostro acefalo diventano davvero troppo pressanti, anche nelle parti marginali del tempio, scivoliamo via dal cortile e ci ributtiamo nei vicoli. Nella zona della casa dove abbiamo lasciato le scarpe, c'è un pianerottolo sopraelevato a cui si accede con una decina di gradini e ci appollaiamo lì. E' davvero un ottimo punto di osservazione, perché questa è una zona di passaggio frequentatissima. Così ne vedi di ogni colore, in tutti i sensi. I combattenti appostati nelle case e sulle terrazze circostanti, dopo un po' ci adottano e a turno vengono a farsi fotografare ed a scambiarci i saluti, anzi deviano anche quelli che vogliono bersagliarci in quanto stranieri e vittime designate. Siamo raccomandati insomma.

Passa un gruppetto di bambini armati di fucili ad acqua che insegue delle ragazze che squittiscono disperatamente cercando di sottrarsi al loro destino, mentre i furfantelli le bersagliano senza pietà di spruzzi rossi e blu, mirando sempre intenzionalmente alle chiappe, licenziosità ovviamente ammesse in questo caso. Passano anziani con turbanti enormi, bardati con le lunghe vesti bianche, orami completamente marezzate di colore; avanzano seri per arrivare al tempio senza indulgere alle esagerazioni giovanili, al massimo salutano degnosamente con la mano. C'è anche un poliziotto che vigila da una porta di fronte, anche lui con la divisa cosparsa di schizzi, visto che evidentemente non è riuscito ad evitare i lanci, per lo meno quelli non intenzionali, diciamo vittima di danni collaterali. Insomma la festa è per tutti e di tutti ed è inutile cercare di rimanerne fuori, se sei lì, ti ci tirano dentro per forza. Facciamo comunella con la famigliola a cui abbiamo affidato le scarpe, due ragazze, che cercano di risparmiarsi dal lanci, poi alla fine non resistono e si gettano nella fiume che scorre davanti a loro. Un paio di ragazzini vanno e vengono, correndo fuori e tornando solo per fare rifornimento delle loro pompette. 

La madre sta riparata dietro l'uscio, il padre con una barba imponente, dopo un po' esce anche lui e viene immediatamente colpito da un getto vermiglio che gli si spande sul petto come una ferita sanguinosa che segna la sua lunga kurta immacolata. Insomma vi assicuro un vero divertimento e quando ebbri di rumori, canti e danze, coi piedi pieni di fango (speriamo in bene, comunque l'antitetanica ce l'abbiamo) decidiamo di lasciare il campo di battaglia scendendo il vicolo, salutiamo i nuovi amici e cerchiamo soprattutto di non scivolare. Mentre ci muoviamo con circospezione, salta fuori da una porta un ragazzino dall'aria gentile e impunita e ci scaglia contro una secchiellata di liquido che, avendo evidentemente finito le polvero colorate, sembra costituito solamente da acqua di scolo. Un ultimo saluto per coronare la giornata col migliore degli auguri. Marci come oche e anche un po' maleolenti scendiamo verso il basso. Un gruppetto di quattro amiche, non più giovanissime, bardate di tutto punto con bei sari e punjabi colorati e cosparsi di paillettes luccicanti, le lunghe dupatte abandonate sulle spalle, come faranno a non cadere mai giù, munite di nodosi bastoni, ci fermano per manifestare la loro soddisfazione verso gli stranieri che sono interessati alla loro festa. Così mi graziano anche delle bastonate, visto che non possiedo neppure lo scudo protettivo di ordinanza. Poi vanno a compiere il loro dovere verso la piazza, domani tutto rientrerà nei ranghi. Le ombre della sera scendono veloci e dalla cima della collina i suoni arrivano ormai affievoliti per la distanza. E' ora di tornare. 

Le bastonatrici

SURVIVAL KIT

Orme

Nandgaon - Villaggio a 44 km dalla città, che ospita il più famoso e sacro tempio di Khrisna e dove si svolgono i festeggiamenti più imponenti nel secondo giorno di holi di Vrindavan. Qui oltre ai colori si usano grandi quantità di soluzioni di acqua colorata, soprattutto gettata dai tetti delle case sui passanti. Dopo le 17, si svolge la cerimonia delle donne coi bastoni. Anche qui bisogna stare attenti perché la folla puè diventare molto pericolosa, dato che si è a piedi nudi e si può scivolare facilmente sulla fanghiglia ed essere calpestati. 




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giovedì 18 aprile 2024

India 10 - Al tempio

Fiorai nel tempio - Vrindavan - India - marzo 2024



Pronte una tantum a bastonare gli uomini
Sono le sei, tra poco scenderà il sole. Seduti sui gradini, respiriamo a fatica, esausti, provati da una esperienza decisamente forte. Ho male alle gambe, le ginocchia che scricchiolano, le bolle nei piedi, sono anziano, non posso èpiù permettermi queste corvé, questi fachinagi, direbbe la mia povera mamma se mi vedesse. Siamo imbrattati di ogni tipo di colore dalla testa ai piedi, però la testa è leggera, ancora inebriata dalla situazione appena vissuta, la situazione di pericolo già dimenticata, mentre il sottofondo di grida e la nebbia delle polveri colorate sfumano in lontananza e a poco a poco andrà scemando nella notte. Tutto, attorno a noi, porta le tracce della giornata di follia, di spruzzi colorati, di scie di rosso, giallo, blu. Un segno che durerà per giorni a ricordo di un momento di pazzia collettiva, che ti ricordi per un anno che la vita è anche fatta di allegria e gioia. Chi passa ci rivolge sguardi di simpatia e ci saluta con gli ultimi radhé radhé, non più gridati, ma quasi pronunciati a mezza voce, come un saluto tra reduci e senza più mani nascoste e pronte a lanciarti il loro messaggio colorato. Ragazze felici, strette alle amiche o quelli che forse sono i loro fidanzati, mi sembra che le maglie della pruderie indiana si siano un poco allentati negli anni, gruppi di ragazzi ancora esagitati che si liberano dei sacchetti di polvere oormai vuoti, per terra intorno è un cimitero di residui di ogni tipo, plastica a mucchi che andrà ad arricchire la polluzione che ha ormai avvolto il mondo ed i depositi di microplastiche provocati non certo dalla materia, ma dal suo uso maleducato.

Sfiniti

E' ora di tornare in città. Il tuktuk percorre lo sterrato tra i campi, costeggiando canali di acqua ferma, tra buche e sobbalzi. La macchina poi ripercorre adagio la via del ritorno, sfiorando un'ala di folla stanca che ha ancora voglia però di gridare e festeggiare. La voglia di divertimento non è ancora svanita. Per fortuna non circola alcool, nè altro, bastano le endorfine naturali, mi sembra, a tenere alta l'asticella. In albergo si tenta di ripulire il corpo dagli strati di colore che si sono depositati sulla pelle e che hanno superato senza difficoltà le vesti predisposte a protezione, colorando definitivamente e senza possibilità di essere un giorno mondate, mutande, canottiere e dando ai capelli tutta una serie di sfumature punk, che sembrano fatte apposta e studiate con cura dal nostro personal hair stylist. Un ricordo materialmente indelebile, almeno per le prossime settmane si direbbe. Una testimonianza partecipativa inoppugnabile. Una parca cena ci conduce a stramazzare nel letto cercando di fare attenzione. Appositi cartelli nella hall avvisano i gentili ospiti a non lordare con i colori dell'holi, la camera e soprattutto asciugamani e lenzuola, salvo rimborsare, al momento del checkout, i costi della lavanderia. Minaccia che poi si rivelerà solo preventiva e senza effetti pratici. Morfeo arriva misericordioso ad attutire l'azione dell'acido lattico, considerando il fatto che domani si ricomincia. 

Il tempio ISKCON di Vrindavan

Ci svegliamo infatti un po' intorpiditi e le nostre facce viste nello specchio, non rispondono molto alle immagini a cui siamo abituati. Diciamo avatar iconici di un momento di partecipazione attiva. La sala colazione è già piena di gente che si affolla attorno alle decine di vassoi fumanti del buffet, mentre l'aria è già pregna del sentore di spezia, di curry masala, di coriandolo che su tutto sembra prevalere. Basterebbe mettere in bocca qualche pezzo di papad o una paratha, quei piccoli pani indiani piatti e rotondi, secchi o morbidi e gonfi, che tutto sarebbe risolto; l'intero cavo orale mi rimarrebbe anestetizzato per tutto il resto della giornata, annullandomi ogni sensazione di fame, ma p un tragico destino che rifiuto e mi rifugio invece sulle solite banane ed un toast imburrato, offertomi complimentary dal cameriere che si prende pietà dopo aver notato gli sguardi sconsolati che aggiravo sulle brode ed i pastoni del buffet. Non c'è niente da fare. Amo l'India come nessun altro paese, tutto di questa terra mi affascina e ci ritornerei continuamente, ma non mi abituerò mai al suo cibo e soprattutto all'intensità delle spezie che ne fanno la sua caratteristica essenziale. Luisa dice che è una cosa genetica, non so, il fatto è che riesco a sentire il coriandolo anche se immesso in dosi omeopatiche ed il suo gusto malevolo mi rovina lo stomaco per tutta la giornata. 

Khrishna e Radha

Che ci vogliamo fare, ad ognuno la sua pena. Intanto il capogruppo di un drappello di turisti che schiamazzano vicino a noi, mi dice, con occhi sognanti, che, per tanto che cerchi, non riesce a scovare un piatto che non gli piaccia, uno più buono dell'altro, va matto per la cucina indiana, mi conferma tornando al tavolo per la terza volta col piatto pieno, beato lui e poi se ne ritorna al bancone col piatto nuovamente vuoto e gli occhi famelici in cerca di un dalh un po' più forte. Un'altra, grassoccia e con la chioma che ancora riporta orgogliosa gli spruzzi di verde del giorno prima, se lo è riempita di un pastone bianco di yogourt e verdure rosso fuoco ricoperte di chilly. Auguri, spero abbiano robuste scorte di fermenti lattici, che a lungo illuda la lor sete in via, il loro viaggio di sicuro è ancora lungo come il nostro del resto e le sorprese che riserba il perfido Monrezuma, sono sempre in agguato per il turista disattento. Intanto è ancora presto per andare a Nandgaon, il villaggio dove era nato il dio Khrisna, in cui oggi si scateneranno i festeggiamenti specificamente dedicati. Usciamo per andare fino al vicino tempio del dio, qui vicino all'albergo dove già alla mattina una gran massa di fedeli passa per un preghiera e per prepararsi alla giornata. 

Pubblicità non chiara

Percorrendo la via principale si nota tutta una grande esibizione di cartellonistica pubblicitaria, ma invece di pubblicizzare, auto o altri beni di consumo, la maggior parte degli advertising riguardano l'opera di miracolosi santoni che invitano gli adepti a sessioni di preghiera per conquistare la pace e la serenità. Promettono futuri felici, purché ci si liberi dei pesi che ci legano alle quotidianità della terra, passioni, desideri, sirene di ricchezze e poteri, che ci allontanano irrimediabilmente dalla liberazione e dai quali bisogna sciogliere le catene che ci cingono, magari lasciandone a loro la fastidiosa incombenza, ma non statemi a sentire io sono un occidentale dalle idee maligne e perverse, che non raggiungerà mai in questo modo il nirvana, questo è certo. Oltretutto che reclame sono alternate ad altre che raffigurano apparati renali, non è chiarissimo a quali fini, ma ai quali non voglio pensare. Il tempio a cui arriviamo in pochi minuti, non molto grande e piuttosto recente, direi di fine '800, è già strapieno di fedeli, si fa fatica ad entrare. Lasciamo le scarpe all'esterno, come si deve, ma vedendoci un po' titubanti dul da farsi, visto che nove anni fa me le avevano rubate in Gujarat, Roshan si offre di rimanere a darci un'occhio. Entriamo seguendo la fiumana che si introduce nel tempio, circondati da gruppi vestiti di arancione che cantano le lodi al Dio. 

Il kirtam

Questa è la terra dove è nato il movimento visnuita degli Hare Khrishna, ben conosciuto anche in occidente e che probabilmente è quello che più ha contribuito all'immagine dell'India spiritualistica che ha condotto carovane di figli dei fiori da queste bande, alla ricerca vana di se stessi, facendoli perdere poi in mille rivoli di sostanze varie e vie traverse, nel tentativo di raggiungere quel miraggio imprescindibile che sta nel più profondo dell'anima. Questo, che è uno dei principali templi ISKCON ( il movimento internazionale per la coscienza di Khrishna), è tra i più frequentati dagli adepti di tutto il mondo ed è davvero splendido per il suo decoro architettonico. Completamente rivestito di marmo, tutta la parte esterna è arricchita da intarsi in pietre dure colorate che disegnano le storie della vita del dio. opere d'arte assolute di artisti sconosciuti, artigiani della pietra straordinari, come quelli che arricchivano le pareti delle nostre chiese medioevali.  All'interno invece, si svolgono di continuo le cerimonie richieste dai fedeli, dall'adorazione della divinità, alla partecipazione al Prasadam, pratica yoga in cui il cibo, ovviamente vegetariano, diventa Cibo e nutre anche l'anima. Una zona particolare viene dedicata alla cura del goshala, il luogo dove hanno riparo le vacche sacre, E' questo un aspetto dell'induismo ancora molto importante anche se nelle grandi megalopoli, la presenza di questo animale è diventato meno comune

Torte davanti alle case popolari "quasi" nuove

Qui nei piccoli paesi invece i gruppi di bovini stazionano, come sempre da millenni, per le strade, come sempre, sdraiate nei punti più impensate o alla ricerca di qualche rifiuto da ripulire, apparentemente ignorate dai passanti e dal traffico che scorre ai loro fianchi evitandole con cura e senza malanimo e devo dire, non ho notato quella magrezza scheletrica comune in altri tempi. Nei paesi di campagna poi, in ogni angolo si innalzano i cumuli ordinati, di "torte" che ogni mattina le ragazze vanno in giro a raccogliere con grandi gerle, per poi impastarle con le mani ancora fresche di giornata e metterle a seccare al sole, vero e proprio dono della vacca, anche per questo sacra, che costituirà il combustibile assolutamente gratuito per tutto l'anno, per riscaldare le freddi notti d'inverno e per cucinare davanti alla capanna. Intanto in un angolo appartato, vicino agli altari principali, gruppi di fedeli raccolti attorno a suonatori di armonium e tabla, partecipano al kirtam, il canto continuo di inni dedicati alla divinità. Il movimento frenetico delle dita sul tamburo teso accompagnano il ritmo dei mantra ripetuti per ore e probabilmente contribuiscono all'effetto ipnotico che la cerimonia ha su tutti gli astanti, L'atmosfera è in ogni caso coinvolgente, cosa che del resto abbastanza comune in tutti i luoghi di devozione, di qualunque religione si tratti. 

Intarsi nel marmo

Percorriamo a piedi nudi il lungo corridoio della sala degli altari, ricoperto di piastrelle bianche e nere che curiosamente mi ricordano la galleria di Diana della reggia di Venaria. Ma cosa vai a pensare, forse è frutto dello stordimento dei fumi di incensi e della massa di fiori delle collane che vengono messe attorno alle statue di marmo che occhieggiano da ogni nicchia, quasi a chiede fiducia e preghiera. Profumi dolci a pochi passi dal leggero sentore di marcescenza, che ricorda al fine la caducità della sostanza organica a fronte della fredda, eterna ed immobile, perfezione del marmo. La fede è tutto, crea questi luoghi come un costruttore infaticabile, li fa grandi e potenti, così che tu non distingua più se il dominio sulla mente delle folle, sia frutto del sentimento interno della necessità di trascendente o dalla capacità perversa di convinzione dei predicatori. Un bell'interrogativo. Fatto sta che la visita di questi luoghi nel pieno fulgore della loro attività, rappresenta sempre un momento  imprescindibile per capire un paese. Usciamo anche stavolta, ebbri di odori forti, con le orecchie ancora piene di suoni modulati per abituare lo spirito alle fasi meditative e percorrendo un altra folla già eccitata per la giornata appena cominciata, ritorniamo in albergo per prepararci alla nuova battaglia che ci aspetta nel villaggio del Dio Khrishna. Ci ribardiamo con le vesti di ieri che tuttavia non sono più l'immacolato camice che mi faceva apparire come una mosca bianca, anzi bianchissima in cerca di pazienti da curare, ma oramai come uno dei tanti matti sfuggiti dalle sbarre, colorato e sporco, in cerca di altre follie, di feste e di grida gioiose. Andiamo, radhé radhé!



Tanto per avere un'idea (da You tube)




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mercoledì 17 aprile 2024

India 9 - L'holi a Barsana

Holi a Barsana - India -  marzo 2024
 

Verso Barsana

Sono appena passate le nove e la città è già in movimento, tanto che il tuktuk che ci porta fino al parcheggio della macchina ci mette quasi mezz'ora. Anche i prezzi del trasporto sono maggiorati per l'occasione, 200 rupie invece delle consuete 100. Capirà, le maschere si vendono a carnevale! Dobbiamo raggiungere quindi Barsana, il villaggio a pochi chilometri da Vrindavan, dove secondo la tradizione è nata Radha, la consorte di Khrishna e dove sorge il  tempio a lei dedicato. La strada è già una colonna di mezzi di tutti i generi, auto, tuktuk, carri, camion e trattori carichi all'inverosimile di gente che tenta di raggiungere il luogo dove si svolgeranno i festeggiamenti di oggi. Tutti cantano lodi alla dea e il grido/saluto che tutti si rivolgono al passaggio è Radhé Radhé, una sorta di urlo beneaugurante che risuona lungo la via come un boato continuo, un ritmo scandito da una folla decisamente sovraeccitata, che non aspetta altro che di arrivare nelle vicinanze del tempio per scatenarsi ancora di più. La strada è contornata per tutto il suo percorso di bancarelle di ogni tipo, venditori di generi alimentari vari, cibi di strada, dolciumi e frutta, ma soprattutto polveri colorate che sono esposte agli acquirenti in capaci sacchi già aperti oppure in confezioni chiuse di varie dimensioni che possono andare da un paio di kg a pacchettini più piccoli di un paio di etti. 

Al tempio

Per la verità tutti quelli che si stanno dirigendo verso Barsana, sembrano già forniti a sufficienza, alcuni hanno le mani già piene per la battaglia, altri tengono le scorte ed i sacchetti già aperti ai loro piedi per rifornirsi man mano alla bisogna. La maggior parte dei futuri combattenti sono ragazzi giovani e bambini, ma non mancano le donne e le ragazze, raccolte in aggerriti gruppetti o in coppia con fidanzati e amici. Naturalmente non mancano i gaudenti più attempati o le figure iconiche con grandi turbanti tra i quali cerchiamo di mescolarci per confondere le idee, che se non son matti non li vogliamo. I chilometri non sono molti, non più di una quindicina, ma la massa è così numerosa che ci mettiamo quasi un'oretta per arrivare alla periferia del paese, anche tagliando attraverso i campi dopo che, anche qui, uno sbarramento della polizia impedisce di andare oltre. In effetti c'è un certo servizio d'ordine di poliziotti armati di bastone che dovrebbero governare la folla, ma la sproporzione del numero è tale che si capisce subito trattarsi di un lavoro pretenzioso e velleitario, pur se qualche volenteroso di sbraccia e martella i timpani con i fischietti di ordinanza per cercare di controllare il flusso. Intanto, da tutte le parti la gente comncia a lanciarsi manate di polveri, che volano alte creando una sorta di nebbia multicolore che rimane nell'aria prima di depositarsi sulla gente. 

Folla

Arriviamo ad un passaggio a livello dove la gente si accalca e le battaglie individuali cominciano a scatenarsi. Noi cerchiamo di metterci in una posizione leggermente defilata per non essere coinvolti negli scontri più violenti, ma non si può fare a meno di essere colpiti dagli spruzzi che arrivano da ogni parte. Io mi sono attrezzato con una specie di candido camice da infermiere psichiatrico, ma dopo pochissimo somiglio già più ad uno dei pazienti in fuga dal reparto stesso, la bandana che doveva proteggermi è già completamente variegata di rosso e di blu, mentre cerco di proteggere al meglio la macchina fotografica. Per la verità la gente non cerca intenzionalmente di attaccarci, ma è difficile non essere coivolti nei lanci che arrivano da tutte le parti e considerate che qui siamo ancora piuttosto fuori dalla mischia. I più mefitici sono i ragazzini che ti si mettono davanti con radiosi sorrisi, che te li mangeresti tutti e poi appena a tiro, ti schiaffano direttamente in faccia una bella manata di arancio vivo o di viola, mentre per fortuna hai appena chiuso la bocca per evitare appunto di mangiarla. Poi corrono via urlandoti radhé radhé e sghignazzando a più non posso. Attorno ci sono anche i venditori di colori e questa area in generale è risparmiata dai più accaldati, evidentemente c'è una sorta di accordo preventivo. 

Dai tetti

I colori sono bellissimi, accesi, violenti. La tradizione vorrebbe che fossero tutti di provenienza naturale da fiori e piante. L'arancio e il rosso dall'ibisco secco o dai fiori di Palash (Butea monosperma) e dallo zafferano, il verde dalle foglie secche del Gulmohur (Delonix regia), il blu vivo, dalla pianta di Indigo o dalle Jacaranda, il vermiglio porpora dalle bietole rosse, il marrone dalle foglie di the e il nero dal carbone vegetale. La realtà è ben diversa, i colori sono oggi quasi tutti di produzione chimica, la più fetente possibile e spesso, specialmente se finiscono negli occhi, provoca irritazioni anche violente, ogni anno milgliaia di persone vengono ricoverate negli ospedali per questa causa, ma che volete non si può togliere la poesia alla gente. Fatto sta che siamo appena arrivati e siamo già ricoperti dalla testa ai piedi di ogni tipo di sfumature. Pertanto ci facciamo coraggio e ci dirigiamo verso il tempio della dea lungo un percorso obbligato che percorre tutta la strada principale che ormai ribolle di una folla strabocchevole che spinge da tutte le parti per avanzare. In realtà la strada è transennata in mezzo e dovrebbe consentire due sensi di marcia, uno per chi sale e un altro per chi scende, ma si sa che la folla è un po' anarchica e all'interno dei due flussi si formano subito controflussi e rivoli in senso cntrario che si interpongono, spingono e vogliono farsi largo con la forza e con gli spintoni. 

Ragazzi

Il nostro Roshan, ci tampina da vicino e si guarda sempre intorno circospetto cercando di evitarci guai, indicando la strada migliore o quantomeno la meno intasata. Quando arriviamo nella piazza cerntrale sotto al tempio, dove è eretto un piccolo palco, punto di osservazione per la polizia e per supposte autorità, è ormai passata l'una e in mezzo alla folla non passa più neppure uno spillo. Tutti lanciano polveri da ogni parti, ma non solo, dai tetti delle case noti subito una nutrita sfilata di donne e ragazzini, armati di ogni genere di pacchetti e sacchetti che bombardano la folla sottostante senza pietà, al sicuro dai proietti nemici. Non solo, ma avevi già notato che negli androni, delle case, sulle strette case che conducono alle terrazze superiori, alacri artefici, mescolavano le polveri in grossi contenitori di acqua per creare quantità di liquidi colorati, che adesso i bombardieri scaricano dall'alto con gavettoni continui e vere e proprie bombe d'acqua, sui malcapitati sottostanti, che passano senza difesa alcuna, se non tentare di ripararsi sotto i balconi, bagnati come pulcini di blu o di magenta in attesa che qualche altro fromboliere passi loro di fianco lanciando una bella manata di polvere gialla per completare l'impanatura. Non riusciamo più a procedere verso il tempio, troppa è la folla e la mia impressione è che la cosa stia diventando alquanto pericolosa, perché la gente è sempre più sovraeccitata e corre qua e là per inseguire le vittime o per sottrarsi ai carnefici, mutando poi un attimo dopo, il ruolo. 

Andiamo a bastonar!

Ci imbuchiamo sulla soglia di un negozio che cerca di scacciarci perché così impediamo decisamente l'accesso e inoltre non compriamo n bel nulla, ma la folla è strabocchevole e ci rinuncia. Oltretutto siamo pressati da un gruppetto di italiani che anch'essi si stanno facendo prendere la mano. Indubbiamente le scene che ti passano davanti agli occhi sono decisamente inconsuete. Difficile non lasciarsi coinvolgere da questa specie di follia collettiva, di canti, di grida, di urla sovraeccitate, di gente che si lancia ogni cosa e ride, si diverte, si rappresenta come una manifestazione assoluta di gioia, di liberazione, di abbandono per un giorno almeno di chissà quali situazuioni, forse di miseria assoluta, forse solo di onesta povertà o di frustrazione di sogni ormai ben conosciuti e non raggiungibili. Forse tutta questa follia cerca solamente di colorare il diritto alla felicità a cui tutti aspirano. Quando sono ormai passate le tre e il parossismo sembra giunto al culmine, prende forma l'ultima manifestazione che corona i giorni dell'holi, un aspetto molto sentito qui nella regione del Braj, nell'ovest del'Uttar Pradesh. Verso sera infatti le donne escono di casa, in vestiti tradizionali, armate di nodosi bastoni per dar vita al Lathmar, la performance durante il quale sono autorizzate a rincorrere gli uomini, anch'essi bardati a festa e a bastonarli senza pietà. 

Chi c'è c'è

Questi cercano di proteggersi al meglio con degli scudi di legno che ne riparanono le terga e intanto, mentre cercano di scappare ai colpi, prendono in giro le donne con canti licenziosi e sboccati, che nel frattempo, una tantum cercano di colpirli. Tranquilli che poi il giorno dopo tutto rientrerà nella normalità che purtroppo è segnata dal fatto che spesso e volentieri le mogli indiane sono regolarmente bastonate come muli, se non di peggio, Non si contano ancora oggi le morti perché i sari prendono fuoco davanti ai fornelli della cucina o quelle sfregiate con l'acido, attività per la quali sembra ci siano dei professionisti specializzati nell'eseguire questa orrenda operazione che segna le malcapitate per tutta la vita. Fatto sta che gruppetti di donne scendono dal tempio e cominciano a menar bastonate a destra e a sinistra; il punto clou dove si svolge l'azione è proprio al centro della piazza. I malcapitati cercano di scappare maldestramente o facendo sberleffi per rendere ancor più divertente lo svolgimento dell'azione. Sta di fatto che la folla ondeggia in tutte le direzioni, preme e si sposta in preda ad una  furia violenta e quando si rivolge nella nostra direzione, la pressione diventa quasi insostenibile. Anche se siamo in una posizione ancora abbastanza riparata, ho subito una sensazione brutta, di deciso pericolo. 

Paura

Qui, c'è poco da fare, se qualcuno cade a terra e viene calpestato ci scappa qualcosa di grave. Siamo in un gruppo di qualche centinaio di persone, decisamente schiacciati contro un muro, sotto, il terreno è molto irregolare, c'è una canalina di scolo di una fogna, si rischa di finirci dentro e rompersi una gamba. Dopo forse è anche peggio. Le donne corrono indietro, gli uomini si spostano verso il tempio e nella nostra direzione si crea un po di spazio attorno. Roshan si fa largo e ci infiliamo dietro di luirapidamente, cercando di uscire dal punto più gremito della piazza, dal cielo intanto piove acqua colorata. L'urlo della folla è un sabba feroce e senza sosta che ti insegue minaccioso. Radhé radhé, tutti gridano, come impazziti, incuranti di quanto sta accadendo, tutti spingono, per guadagnare una posizione o per ripararsi o per arrivare invece al centro del bailamme, per non perdersi l'acme del divertimento. Ti sembra di essere circondato da folli con gli occhi sbarrati, le bocche spalancate, che i colori violenti di cui sono cosparsi, rende ancora più minacciosi. Noi sfiliamo di lato verso un punto meno affollato, poi facendoci largo, anche con una certa foga, tra spinte e spintoni non troppo gentili, riusciamo ad arrivare ai margini della piazza, lungo la strada che esce dal paese. Il gruppetto di italiani lo abbiamo perso di vista. L'urlo della folla ci insegue sempre meno violento, si attenua nella lontananza, che concede sicurezza; adesso sembra addirittura gioioso e gentile. Ci sediamo sui gradini di una casa, esausti, sfiniti, ebbri di una emozione mai provata prima; un ragazzino ci sfila accanto e con mossa furtiva ci scaglia contro un ultimo pugno di blu. Ma vai a farti benedire. Vi confesso che, per un po' ho avuto paura. 

A che punto siamo ridotti

SURVIVAL KIT

Sulla piazza

L'holi nel Braj - In questa parte di India (siamo a qualche centinaio di chilometri a sud di Delhi, l'holi è particolarmente sentito e famoso e si svolge una settimana prima che negli altri stati indiani ed è particolarmente partecipato, con l'arrivo di alcuni milioni di persone da ogni parte del paese. Le feste clou si svolgono a Barsana, luogo di nascita della dea Radha, il giorno successivo a Nandgaon, luogo di origine di Khrishna e in misura minore a Mathura. Le sere precedenti vengono fatti i falò propiziatori (holika) con canti e danze, mantre nei tardi pomeriggi si svolge la tradizione del Lathmar in cui le donne si vendicano sugli uomini cercando di bastonarli con i lunghi e nodosi lathi. La festa prosegue poi per tutta la settimana e nel weekend successivo si svolge in tutto il resto dell'India con varie declinazioni, che tuttavia alla base contemplano soprattutto il lancio di polveri colorate tra la folla. Se volete partecipare a questo che è uno dei più importanti e folkloristici festival del subcontinente, fate base a Vrindavan, prenotando diversi mesi prima, perché in questo periodo la città è molto sovraffollata e dedicate un giorno ad ognuno dei due paesi. Se non lo avete visto in viaggi precedenti, non perdetevi la visita della cittadina di Mathura che ha uno dei più bei templi dell'India con un famoso pozzo baori, che presenta una serie straordinaria di scalinate che lo penetrano. 

Verso il tempio


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martedì 16 aprile 2024

India 8 - Finalmente a Vrindavan

L'holi di Vrindavan - India - marzo 2024 



Cosrtuzioni nuove

Delhi di notte è un mostro oscuro che dorme con un brontolio sordo che ne percorre le viscere ingombre delle brutture ingoiate nei millenni. Borborigmi di umanità costretta ad una esistenza difficile segnata dalla povertà eterna ed inestinguibile e oggi, che questo aspetto comincia ad avere una rilevanza inferiore, dai meccanismi inumani tipici di tutte le megalopoli, traffico, inquinamento, disumanità dovuta ad una sovrappopolazione inarrestabile, in barba a tutti i trend mondiali di calo delle nascite. Tuttavia, rispetto alle mie precedenti visite, correndo nel buio della notte per i larghi viali della New Delhi, non vedi più vacche che dormono nelle strade e lunghe file di attendamenti di plastica blu, che segnalavano la presenza di un popolo intero costretto a vivere sui marciapiedi in attesa che qualche cosa succedesse. Forse in questo senso, qualche cosa è migliorato, ma mi riserbo di aggiornare le sensazioni a quando ritorneremo in città di giorno. Al momento le strade buie e quasi solitarie nel cuore della notte, forniscono un teatro diverso dalla realtà che potrebbe confondere le idee, oltretutto obnubilate dalla stanchezza, visto che in tre giorni sono riuscito a dormire solo poche ore. Quindi dopo aver caricato in periferia, Roshan che sarà la nostra guida durante l'holi a Vrindavan, crollo sui sedili posteriori in una sorta di dormiveglia che non riesce a darmi comunque nessuna sensazione di riposo. 

Sono da poco passate le quattro del mattino ed il cielo è ancora buio pesto, un nero sporco ed offuscato dallo smog che senti palpabile nell'aria, mentre sfili gli enormi piloni di cemento che segnalano lo sviluppo incontenibile del mostro che si autoalimenta quasi automaticamente, divorando tutto quello che lo circonda, una sorta di buco nero affamato che attira morbosamente ogni frammento di materia che lo limita, continuano la sua bulimica crescita di peso e di dimensioni. Così intravedi le nuove immense linee della metro di domani, le grandi corsie accessorie delle autostrade che lasciano la città, dando spazio ad un traffico in aumento esponenziale ed ai palazzi che sorgono come fungaie, già vecchie prima ancora di essere finite, coi muri su cui si allarga l'impronta nera della muffa impietosa che il monsone nutre ad ogni stagione a ricoprire senza uniformità cose e persone, come fa da millenni. Il tempo scorre attraversabo periferie infinite di case basse, dalle facciate irregolari, come si dice di architettura spontanea, orlate ai marciapiedi di serrande ancora abbassate di mercati infiniti, che l'India urbana è tutta un mercato anche se a quest'ora semiaddornetato, perché qualcuno, anche se sono appena passate le cinque, già si muove, stira le membra stanche dalla notte passata nei retrobottega su giacigli improvvisati, per essere tra i primi ad aprire, ad aspettare il primo cliente, quello che dà il buon auspicio per gli affari della giornata ed al quale bisogna sempre fare uno sconto speciale per ingraziarsi Ganesha ed avere un mattino fortunato. 

Almeno lui, il cliente, se lo aspetta e bisogna sempre lasciarglielo credere, almeno se sai fare bene il tuo mestiere di commerciante. L'alba sorge livida quando la strada corre ormai lungo i campi sterminati di questa infinita pianura alluvionale che si stende per tutta la valle del Gange ed oltre. Abbiamo puntato decisamente vreso sud e la palla rossa, ancora offuscata dalla foschia della notte, sorge a fatica all'orizzonte alla nostra sinistra, disegnando sagome scure di alberi lontani, accarezzando le spighe dei campi quasi pronte a piegare la testa alla calura in arrivo. La strada è adesso più frequentata soprattutto dei coloratissimi camion, con la scritta dietro, sul cassone dipinto: Horne please, che invita allo strobazzamento continuo; questi almeno non sono cambiati nel tempo. Si vedono addirittura mietitrebbie pronte a spostarsi lungo i bordi della strada, segno che anche qui l'agriciltura va avanti, ma lontano nei campim vicino agli stagni putrescenti, vedi ancora gruppi di teloni gialli, circondati da zebù dalle lunghe corna bianche, tende di contadini nomadi che si spostano lungo le rotte di un tempo ad offrire la loro opera stagionale per la mietitura, sudra o peggio senza casta, che devono stare fuori dei villaggi per non inquinare la vita degli strati sociali superiori. Indispensabili certo, ma tenuti ai margini, per non turbare la vista, d'altra parte se lo meriteranno sicuramente visto quello che avranno combinato nelle loro vite precedenti. Alla prossima reincarnazione, se saranno stati al loro posto durante questa vita, chissà.

Passata la paura

Certe situazioni sono dure a scomparire, anche nel mondo degli smartphone e dell'AI. Arriviamo a Vrindavan che sono appena passate le otto, assonnati e sbilenchi. La città come accade in questi casi è completamente bloccata da un paio di milioni di persone arrivate per l'occasione eil transito delle auto è vietato entro la cerchia più ristretta del centro. Così dobbiamo abbandonare la macchina fuori della città davntoi alal transenne sorvegliate da baffuti ma irremovibili poliziotti armati di bastone (i temibili lathi, con cui si tiene a bada la folla) e proseguire con fue tuk tuk, i famosi Ape piaggio, istituzione indiana immarcescibile, uno per noi e l'altro per le valigie. Percorriamo il tragitto per stradine secondarie ma già intasate di gente. Il nostro albergo è lungo la strada principale, in centro città e in teoria il check in sarebbe alle 13, ma alla reception ci vedono così sbarellati che si prendono pena ed in una mezz'oretta le camere sono già a nostra disposizione. Ottimo perché presto che è tardi, riposeremo quando quando sarà ora dopo aver tirati i calzetti come si dice tra noi mandrogni e quindi, rassettata veloce e doccia fredda per svegliarci completamente, colazione rapida, anche perché per chi come me aborrisce il cibo indiano, non c'è niente di edibile al di fuori delle banane. 

Khrishna e Radha
Per la notte saltata pazienza, recupereremo domani e allora via perché sta comincialndo l'Holi, la ragione per cui siamo venuti fin qui. Si delinea così la mostivazione del nostro viaggio, un pellegrinaggio tra i differenti aspetti delle manifestazioni religiose dei molti credi indiani. Il festival dell'Holi prende forma da una tradizione di fondo comune a quasi tutti i popoli, (per saperne di più cliccate qui), che ha origine dalle culture più antiche, dal Mediterraneo a tutto l'Oriente. L'uomo ha sempre sentito la necessità di festeggiare la fine dell'inverno ed il risveglio primaverile della natura, che ha sempre assunto il profondo significato di una rinascita, un risveglio generalizzato dei sensi e del ritorno alla vita dopo il momento di letargo invernale in cui tutto è sopito. Così ogni cultura si è inventata una gran festa nella quale si festeggia proprio questo ritorno alla vita ed il risveglio della sensorialità generalizzata. Queste feste sono sempre caratterizzate da una sorta di follia collettiva dove tutto sembra essere ammesso, dove i servi diventavano padroni per un giorno (salvo poi rientrare giudiziosamente nei ranghi appena tutto era finito), in cui la sensualità e l'amore veniva licenziosamente conclamato ed i druidi nel nord benedicevano le nuove unioni, mentre le matrone romane si ubriacavano e così via. 

E' quindi anche la festa dell'amore in cui (quasi) tutto è concesso e che sta alla base di tutti i carnevali del mondo. Nel mondo hinduista L'Holi è una delle due feste più importanti dell'anno (l'altra è il Divali, la festa delle Luci in autunno) e si celebra attorno alla metà di marzo a seconda dei pleniluni. Ufficialmente si svolge in onore del dio Khrishna e della sua amata Radha, la pastorella che lo accompagna e si unisce a lui mentre suona estaticamente il flauto. Il dio ragazzino, sempre raffigurato di colore blu, di cui le pastorelle Gopi sono innamorate e lo ascoltano estatiche sulla riva del fiume. E' quindi questa la festa dei colori, dell'amore e della primavera, una vera e propria esplosione di gioia che percorre come una furia tutto il subcontinente per ogni sua città e paese ed è caratterizzata in particolare da grandi feste che si svolgono attorno ai templi dedicati a Khrishna e a Visnu (dato che si festeggia anche la vittoria del suo quarto avatar, Narashina, l'uomo leone, sul malvagio re demone Hiranyakashipu) lanciandosi l'un l'altro polveri coloratissime, a volte mescolate con l'acqua, in modo che alla fine della giornata tutti siano colorati dalla testa ai piedi. 

E' il trionfo della gioia, dell'allegria e della confusione che percorre per un paio di giorni tutte le città del subcontinente. Naturalmente in linea con le altre tradizioni, fin dal 17° secolo festeggia anche l'agricoltura, la fertilità della terra ed il buon auspicio per gli ottimi raccolti. Una sorta di carnevale delle arance di Ivrea, durante il quale invece che i nostri sugosi frutti, ci si lanciano polveri multicolori che ricoprono la folla di una onnipresente nube iridata. Naturalmente siamo in India e quello che nelle altre parti del mondo coinvolge qualche migliaia di persone, qui invece devi contare a milioni. E qui nascono i problemi, perché mentre nelle altre grandi feste di massa come la fiera di Puskar o il Khumba mela, dove la gente è ancora più numerosa, il movimento della folla è compatibilmente abbastanza ordinato e tranquillo, qui, la gente sembra quasi impazzita, tutti sembrano percorsi dalla follia che la divinità insuffla, quasi come nell'antica Roma, le baccanti erano ebbre ed inferocite e quindi capaci di eccessi pericolosi. Qui siamo in una situazione simile, di certo particolare ed emozionante, a cui secondo me vale assolutamente la pena di partecipare, per provare sensazioni ed emozioni, antiche, primordiali, ma assolutamente vive e vitali. Qui a Vrindavan o meglio in due paesini dei suoi dintorni, si svolge l'holi più famoso e partecipato dell'intero paese, ecco quindi la ragione della nostra presenza qui ed ecco perché ci siamo bardati di tutto punto con vestiti bianchi usa e getta, bandane a riparo delle capigliature fluenti, occhiali e protezioni di plastica per le macchine fotografiche e telefonini pronti alla pugna come aranceri eporediesi in attesa della battaglia. L'auto ci aspetta, il divertimento anche. Dai che ci proviamo a portare a casa la pelle!

Prima della cura

Dpo la cura













SURVIVAL KIT

Holy - Il più grande festival indiano, che potrete trovare in tutto il subcontinente, più o meno nel mese di marzo. La leggenda vuole che ricordi l'innamoramento di Khrishna verso Radha che disperata perché lui non la guardava a causa del colore troppo scuro della sua pelle (aspetto a cui gli ndiani sono piuttosto sensibili), su consiglio della madre, si cosparse il viso di polveri colorate conquistandolo definitivamente. Vi rimando al sito per quanto riguarda le altre leggende sul quarto avatar di Visnù o di quelle dell'incenerimento di Kama, il dio dell'amore che Shiva, disturbato nelle sue meditazioni, ridusse in cenere, per poi perdonarlo dopo quaranta giorni di penitenza (notate i rimandi dei topoi assolutamente simili ad altre religioni), come era solito fare dopo i suoi accessi di ira e farlo infine rivivere, perché il mondo non può stare senza amore, da qui i festeggiamenti coloratissimi. Il giorno prima in molti luoghi si usa anche festeggiare con grandi falò. Nulla di nuovo sotto il sole. A Vrindavan ed in particolare in due paesini vicini che ospitano appunto i templi dedicati a queste divinità si festeggia la settimana prima ed è l'Holy più importante del paese a cui partecipano milioni di persone da tutta l'India. Per questo è necessare prenotare con molto anticipo le eventuali sistemazioni alberghiere, prese d'assalto durante questa settimana cruciale. 

Hotel Krishnam - Raman reti road - Vrindavan - 3 stelle in linea con gli standard indiani - In posizione ottimale sulla strada centrale della città. Camere spaziose, letto king. AC, TV, ventilatore, cassaforte. Free wifi ottimo anche in camera. Dotazioni per il bagno scarsine e pulizia sommaria, compensata dalla grandissima gentilezza e disponibilità del personale che ci ha concesso la stanza quattro ore prima del checkin senza sovrapprezzi. Ristorante interno prevalentemente di cucina indiana. La doppia attorno tra i 30 e i 40 € con colazione, ma durante l'holi i prezzi possono salire anche consistentemente.

Turisti

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